Epicondilite (gomito del tennista)

L'epicondilite o "gomito del tennista" è una patologia che colpisce i tendini estensori del polso e delle dita.
Scopri quali sono le cause, i sintomi, i rimedi e quando è necessario sottoporsi all'intervento chirurgico.

Cos'è l'epicondilite?

L'epicondilite, comunemente nota come "gomito del tennista", è una patologia degenerativa, su base micro-traumatica, ad andamento progressivo, caratterizzata dall'infiammazione dolorosa dei tendini epicondiloidei.

Il braccio dominante è colpito con maggiore incidenza.

Anatomia: i tendini epicondiloidei

L'epicondilo laterale è una protuberanza ossea a livello del gomito, da cui originano i tendini estensori di polso e dita (tendini epicondiloidei).

I tendini più coinvolti nell'epicondilite sono, nell'ordine:

  • Estensore radiale breve del carpo
  • Estensore comune delle dita
  • Estensore radiale lungo del carpo
Epicondilite - Inserzione muscoli epicondiloidei
Patogenesi dell'epicondilite

L'epicondilite non è una semplice infiammazione tendinea, ma una vera e propria tendinopatia degenerativa (tendinosi).

Essa infatti evolve attraverso i seguenti stadi:

L'approccio terapeutico varia in funzione dello stadio di evoluzione della patologia: più il quadro risulterà avanzato, minori saranno le possibilità di una risoluzione mediante la sola terapia conservativa.

Quali sono le cause?

L'epicondilite laterale è determinata da un sovraccarico funzionale, che si verifica principalmente quando i muscoli e i tendini del gomito sono costretti a sforzi eccessivi e ripetuti. Per questo motivo la patologia predilige tutti coloro che tendono a compiere con il braccio e la mano gesti meccanici e ripetitivi per lunghi periodi, sollecitando la parte esterna del gomito.

Non di rado la causa scatenante è attribuibile ad una postura scorretta e ad una problematica nelle articolazioni a monte o a valle del gomito (rachide cervicale, spalla e polso).

Epicondilite: le cause
Fattori di rischio

Tra i principali fattori di rischio ricordiamo:

  • Età: più colpiti gli uomini tra i 35 e i 54 anni, con un picco di incidenza intorno ai 45 anni
  • Attività sportive: in particolare gli sport con racchetta (tennis, tennistavolo, squash, paddle..)
  • Attività professionali che comportano carichi pesanti e/o movimenti ripetitivi degli arti superiori (muratori, idraulici, falegnami, giardinieri, imbianchini...)
  • Fumo di sigaretta

Quali sono i sintomi?

I sintomi dell'epicondilite (gomito del tennista) si sviluppano gradualmente: con il progredire della patologia il dolore e la limitazione funzionale diventano sempre più invalidanti. Nei pazienti affetti da epicondilite riscontriamo:

  • Dolore localizzato all'epicondilo laterale che aumenta con i movimenti di supinazione dell'avambraccio e di estensione del polso e delle dita
  • Difficoltà nel compiere gesti quotidiani, quali ad esempio stringere la mano, tenere una tazza, girare una manopola...
  • Difficoltà a distendere l'avambraccio
  • Perdita di forza nella presa
  • Debolezza dell'avambraccio
  • Possibile gonfiore, calore e arrossamento al gomito
Sintomi del Gomito del Tennista

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Diagnosi: quali esami sono necessari?

La diagnosi del "gomito del tennista" è prevalentemente clinica, basata sull'anamnesi e sull'esame obiettivo durante la visita specialistica.

Per escludere altre cause alla base del disturbo oppure in previsione dell'intervento chirurgico, lo specialista può richiedere altri esami diagnostici come:

  • Radiografia in proiezioni standard per valutare le articolazioni del gomito ed individuare eventuali calcificazioni
  • Ecografia per valutare la degenerazione tendinea
  • Risonanza magnetica per escludere altre cause di dolore al gomito
Il "test della sedia" (Solveborn test)

Uno tra i test clinici utilizzati per confermare la diagnosi, facilmente riproducibile anche dal paziente, è il "test della sedia": esso consiste nel sollevare una sedia per il suo schienale con il gomito esteso, l'avambraccio in pronazione e il polso in estensione.

Il test è positivo se il paziente avverte dolore all'epicondilo laterale del gomito.

Quali sono i rimedi per l'epicondilite?

A seconda dello stadio di gravità dell'epicondilite e della durata dei sintomi si può intervenire in modo conservativo o chirurgico.

Terapia conservativa

Il primo approccio terapeutico per l'epicondilite è sempre basato sulla terapia conservativa, che consiste in:

  • Riposo: individuare, correggere o sospendere l'attività responsabile dell'infiammazione
  • Ghiaccio locale più volte al giorno
  • Tutore a fascia diurno per ridurre il carico dei tendini sull'epicondilo laterale
  • Farmaci antinfiammatori sia per bocca sia per uso topico (pomate, gel, cerotti)
  • Ciclo di fisioterapia specifica volto a diminuire la sintomatologia, al recupero funzionale e alla prevenzione delle recidive
  • Infiltrazioni di corticosteroidi ed anestetico per ridurre l'infiammazione e il dolore
Epicondilite: i rimedi

Epicondilite: intervento chirurgico

Il trattamento chirurgico dell'epicondilite è indicato alla persistenza della sintomatologia in seguito al fallimento della terapia conservativa. Generalmente dopo un periodo compreso tra i sei mesi e un anno in cui non si verificano miglioramenti, si procede con l'intervento chirurgico.

In cosa consiste?

L'intervento chirurgico consiste nell'asportazione della porzione di tendine degenerata e nella cruentazione locale dell'epicondilo, nella zona di inserzione dei muscoli infiammati, al fine di favorire un incremento del flusso di sangue in quella zona per promuovere il processo riparativo tendineo.

L'intervento viene eseguito in anestesia loco-regionale all'arto superiore in regime di day-surgery (senza pernottamento notturno).

Al termine dell'intervento viene posizionata una stecca gessata brachio-metacarpale (dal braccio alla mano) di riposo con le dita libere, da mantenere per circa 2 settimane.

Cosa fare dopo l'intervento?

Il paziente riacquista subito la mobilità delle dita e può riprendere le attività più leggere.

Dopo un paio di settimane dall'intervento si effettua un controllo ambulatoriale per rimuovere i punti di sutura e la stecca, osservando la ripresa del recupero funzionale.

È opportuno astenersi dai carichi più pesanti per almeno altre quattro-sei settimane, rispettando i tempi biologici di guarigione, seguendo le indicazioni del chirurgo e del fisioterapista.

L'importanza della fisioterapia

Per ottenere risultati efficaci e definitivi è necessario un ciclo di fisioterapia specifica post-operatoria, volta a ridurre l'edema, al graduale recupero del movimento e, nella fase finale, al recupero della forza muscolare.

Intervento chirurgico: asportazione tendine degenerato
Intervento chirurgico: asportazione tendine degenerato
Intervento chirurgico: cruentazione dell'epicondilo
Intervento chirurgico: cruentazione dell'epicondilo

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Dottoressa Marina Faccio

Dott.ssa Marina Faccio

Chirurgo della Mano e dell'Arto Superiore

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